Comunicazione pubblica: le origini
- Andrea Ditommaso

- 14 mar
- Tempo di lettura: 18 min
Aggiornamento: 7 lug
L'articolo analizza l'evoluzione della comunicazione pubblica, tracciando un percorso che dalle sue origini tradizionali giunge fino all'era digitale. In particolare, si pone l'accento sulle trasformazioni che hanno interessato le istituzioni pubbliche, evidenziando come l'avvento delle tecnologie digitali e dei nuovi mezzi di comunicazione abbia ridefinito il concetto stesso di interazione tra amministrazione e cittadinanza. Attraverso un'approfondita disamina storica e giuridica, si esaminano le implicazioni normative e organizzative connesse all'adozione di strumenti digitali, con un focus sulle sfide in materia di trasparenza, partecipazione e innovazione. Lo studio mira a fornire una chiave di lettura critica per comprendere il ruolo della comunicazione pubblica come elemento centrale nella governance moderna, con l'obiettivo di delineare prospettive future per una gestione sempre più efficace e inclusiva.
Le origini della comunicazione pubblica in Italia
Nel suo articolo intitolato “Storia della comunicazione pubblica in Italia: mutamenti istituzionali e modelli territoriali di sviluppo”, pubblicato sulla rivista Storia e futuro[1], Massimo Granchi sostiene che il primo ad utilizzare la stampa per finalità giuridiche e di propaganda in Italia, fu lo Stato pontificio che nel 1626 giunge ad acquistare una stamperia.
Per controllare lo sviluppo e la diffusione dell'informazione, lo Stato si avvalse della censura e del regime di esclusiva; la trasmissione[2] delle notizie, veicolate principalmente da interessi di tipo commerciale, trovava nella Gazzetta il suo principale strumento.
Nel 1854, il Regno di Sardegna affidò alla Gazzetta Ufficiale il compito di informare i lettori riguardo al riscontro ministeriale di conformità degli atti ufficiali, successivamente raccolti nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e diffusi nei pubblici uffici attraverso il sistema dei fogli sparsi[3]. Il 4 gennaio 1860, la testata venne rinominata Gazzetta Ufficiale del Regno e, a partire dal 17 marzo 1861 (n. 67), divenne la Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia[4].
Come rileva Granchi[5], lo strumento principale di comunicazione normativa e di pubblicità del potere pubblico rimase l’affissione. Dal 1865, con l’introduzione della legge del 20 marzo (n. 2248, all. A), gli atti ufficiali venivano affissi nell'albo pretorio, istituito nello stesso anno, che costituiva anche un mezzo di pubblicità normativa per gli enti locali. La legge delineò anche i contenuti degli "albi impropri", ovvero bacheche o vetrine poste all'interno degli uffici pubblici per esporre atti d’interesse generale, instaurando così la cosiddetta "affissione diffusa".
Nonostante l'invenzione della stampa, l’affissione continuò a essere il principale metodo di comunicazione sociale e normativa per secoli. Nel Regno di Sardegna, le leggi e le disposizioni venivano esposte negli albi pretori dei capoluoghi comunali e negli uffici periferici sparsi sul territorio. Tuttavia, tale metodo presentava il limite della distribuzione territoriale, essendo circoscritto ai capoluoghi comunali, e la mancanza di una raccolta pubblica delle norme. In assenza di una pubblicazione legislativa completa nella Gazzetta, l’affissione rappresentava l'unico strumento legale per la diffusione delle fonti normative.
Durante gli anni in cui la Destra storica governava, il Ministero dell’Interno finanziava i giornali per incentivare la diffusione di informazioni utili al soggetto pubblico[6]. Lo Stato liberale, non democratico, era amministrato da una classe dirigente elitaria che esercitava un controllo sul territorio nazionale. L’autorità centrale non poteva intervenire su tutti i giornali; per questo, a livello provinciale, l’amministrazione prefettizia esercitava un controllo mirato, e i giornali provinciali divennero di fatto il manifesto della comunicazione pubblica prefettizia.
Con l’avvento della Sinistra storica, il controllo esecutivo sulla stampa venne gradualmente sostituito dall’autorità giudiziaria. Nel 1883, la Gazzetta Ufficiale cessò di ospitare rubriche di cronaca, cultura e politica, divenendo unicamente uno strumento di pubblicità normativa[7]. Le funzioni di informazione furono distribuite tra due uffici creati nel 1887: l’Ufficio stampa del Ministero dell’Interno e l’Ufficio di Segreteria del Presidente, i quali si occupavano di filtrare le notizie.
Il Regio Decreto dell’8 giugno 1893, n. 377, stabilì che la Gazzetta Ufficiale fosse pubblicata a cura del Ministero dell’Interno. Nel frattempo, il Regolamento per l'esecuzione della legge comunale e provinciale (1897) regolò ulteriormente le affissioni a livello locale. Durante gli anni del governo Giolitti (1906-1909), la crescente diffusione della stampa socialista e cattolica e l’avvento della cinematografia resero più difficile il controllo dell’opinione pubblica da parte del governo. Di conseguenza, l'Ufficio di Presidenza perse progressivamente il ruolo per cui era stato istituito.
Infine, un nuovo assetto della Gazzetta Ufficiale venne stabilito dal Decreto Regio del 7 giugno 1923, n. 1252, che suddivise la pubblicazione in due sezioni: una parte principale, la "Gazzetta Ufficiale", e una seconda sezione per le inserzioni, pubblicate separatamente.
La storia della Gazzetta Ufficiale
La Gazzetta Ufficiale è ancora oggi il quotidiano mediante il quale si attua il principio della pubblicazione degli atti normativi e amministrativi dello Stato e degli altri organismi pubblici nazionali e locali.
La storia e le vicende del Giornale ufficiale dello Stato sono lunghe e complesse: le sue origini, la successiva evoluzione, il suo attuale assetto cui si è pervenuti a seguito dell'organica riforma perfezionata nel corso del biennio 1984-1986, fino ai giorni d’oggi, ove la tecnologia ha migliorato i servizi ed ha evoluto gli standard qualitativi, nel rispetto delle norme emanate dalla Pubblica Amministrazione.
L’analisi storico-giuridica della Gazzetta Ufficiale consente di percepire come essa abbia assunto nel tempo una struttura via via più articolata e completa, al fine di soddisfare le sempre crescenti e diversificate esigenze di informazione diffusa della generalità dei cittadini. Inoltre, nel corso degli anni non è venuta a mancare l'attenzione per l'aspetto estetico del giornale, come dimostra la rinnovata veste tipografica di esso, con l'inserimento, seppur discreto, di qualche elemento di colore.
La «Gazzetta Ufficiale» come ogni giornale ha una propria storia, e nel caso specifico coincide in gran parte con la storia d'Italia. Le origini del Giornale Ufficiale dello Stato, in parte incerte, sono assai remote, tanto da ritenersi che sia il più antico giornale d'Italia. La prima traccia risale al 30 gennaio 1567, anno in cui furono raccolte e stampate notizie in modo ufficiale dal Governo Ducale di Emanuele Filiberto di Savoia. Le prime pubblicazioni di fogli con carattere di "Giornale" statuale furono edite a Torino dal Governo Sabaudo, nel periodo dal febbraio del 1645 al dicembre del 1665, ed ebbero il titolo di «Successi del Mondo», dove la parola "successi" voleva significare "fatti, avvenimenti". All'epoca quel giornale, oltre alle notizie ed ai commenti di quanto più importante "succedeva" nel mondo civile, pubblicava, a carattere ufficioso, anche i riassunti o i testi delle leggi o delle disposizioni emanate dal Ducato Sabaudo.
Successivamente, si ebbe un periodo, protrattosi per circa ottant'anni (1666-1745), in cui non si ha conoscenza di pubblicazione di giornali, stampati in Piemonte, aventi carattere statuale. Seguì, poi, ad un breve periodo nel quale uscì la «Raccolta dei Giornali stampati in Torino» (1746-1751), una seconda interruzione nella pubblicazione di tali periodici con carattere ufficioso, che durò ulteriori trent'anni (1751-1780). In seguito, si registrò l'uscita di altri giornali editi in Torino, che dipendevano dal Governo del Regno Sabaudo (1780-1796), fino all'epoca in cui, cessata la pubblicazione della «Gazzetta di Torino» (1796), a questa successe il 4 gennaio 1797 la prima edizione della «Gazzetta Piemontese», sotto la direzione del Segretario di Stato "pro tempore" Vincenzo Valsecchi. Tale giornale, la cui uscita fu di breve durata (1797-1798), ebbe una frequenza settimanale, una connotazione ufficiale e fu diviso in due rubriche: quella riferentesi alle notizie di carattere politico, internazionale e militare, che rifletteva la storia di un'epoca in cui la rivoluzione francese compiva la sua opera anche in Piemonte; quella relativa alla pubblicazione degli atti ufficiali del Governo Piemontese (Editti, Reali patenti, decreti, bandi, discorsi ufficiali, trattati, proclami ecc.).
Proclamatasi la repubblica in Piemonte, la «Gazzetta Piemontese» cessò di essere "ufficiale" ed il giornale governativo cambiò nome nonché indirizzo politico e gli successe il «Repubblicano Piemontese» (1798-1799).
Gli anni dal 1814 al 1834: dopo un periodo in cui uscirono altri "Giornali" dipendenti dallo Stato piemontese, che vanno collegati agli eventi storici del tempo, riguardanti principalmente la conquista del Piemonte da parte della Francia, il giornale governativo riassunse il titolo di «Gazzetta Piemontese», che riprese così le sue pubblicazioni dal 1814, l'anno in cui, in seguito alla caduta di Napoleone Bonaparte, cominciò la "restaurazione" dei governi assoluti dei diversi Stati italiani. Risulta che fu il re Vittorio Emanuele I a voler riprendere la pubblicazione della «Gazzetta Piemontese», destinata a trasformarsi successivamente in «Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia», probabilmente allo scopo di avere un organo "ufficiale" di stampa che rispecchiasse in qualche modo le idee del Governo. Bisogna tener presente al riguardo che la "ufficialità" statuale del giornale, in quei tempi, non si concepiva come oggi, cioè nel senso di un organo di stampa pubblicato a cura e per conto diretto dello Stato e destinato esclusivamente a riportare gli atti del Governo e delle Amministrazioni pubbliche. Il carattere ufficiale o ufficioso del giornale derivava, invece, dal fatto che esso non solo pubblicasse di preferenza gli atti ufficiali del Governo, ma che riportasse anche gli avvenimenti e i fatti del mondo civile, cercando di rispecchiare in questo le idee politiche governative.
La «Gazzetta Piemontese» costituì per un lungo periodo di tempo un notiziario ed, al pari di altri giornali dell'epoca, si denominò "Gazzetta"; termine che da alcuni si fa discendere da una antica moneta fuori corso, che correva una volta a Venezia e con la quale si pagava un numero di giornale, che perciò si denominava "Gazzetta". Il giornale fu un notiziario abbastanza completo, riportante i più rilevanti fatti che avvenivano nel Regno Sardo e negli altri Stati italiani e stranieri, anche se si adattava a scrivere o a pubblicare articoli di gradimento del Governo. Seguivano le notizie commerciali, il corso dei cambi e l'estrazione del lotto di Torino, le necrologie.
Sin dai primi numeri apparvero le inserzioni di natura commerciale e giudiziaria, inizio di quello che sarà nei tempi più recenti il «Foglio delle inserzioni». La «Gazzetta Piemontese» si stampava, oltre che in fascicoli ordinari, anche in «supplementi» per lo più riservati alla pubblicazione, per esteso o in "trasunto", degli atti emanati dal regio Governo, ognuno dei quali, nei casi di pubblicazione integrale, terminava con la formula di promulgazione, ben diversa da quella usata ai nostri giorni: «Mandiamo pertanto alli Senati nostri et alla Camera dei Conti d'interinare il presente Editto, volendo che alla copia stampata nella Stamperia Reale sia prestata l'istessa fede come al proprio originale che tale è Nostra mente».
Si deve notare come in questa formula, cui seguivano la data e le firme del Re e dei rappresentanti del Governo, era già contenuto il principio fondamentale, stabilito nell'attuale ordinamento, secondo cui la pubblicazione degli atti normativi della Repubblica nella "Gazzetta Ufficiale" «si presume conforme all'originale e costituisce testo legale degli atti medesimi». Il primo numero della «Gazzetta Piemontese», dopo la "restaurazione", uscì il 2 agosto 1814 ed era composto di un solo foglio in 8° (ottavo), formato rimasto inalterato per lungo tempo. Il giornale fu edito in Torino dalla tipografia di Domenico Pane in Dora Grossa, usciva tre volte alla settimana e riportava il titolo, la data e il numero, unitamente ad un "timbro" costituito da una croce stellata, sormontata dalla corona reale; successivamente fu indicato il prezzo e furono aggiunte le «notizie compendiate», le «condizioni meteorologiche» e la rubrica «varietà», nella quale venivano riportati quei fatti che impressionavano la pubblica opinione, nonché le novità e le curiosità in tutti i campi della vita sociale, delle scienze, delle arti e delle lettere. Sin dal 1817, il giornale fu edito dalla tipografia Favale, che ne assunse la stampa e l'amministrazione.
Dal 1834 al 1849 la «Gazzetta Piemontese» fu diretta da Felice Romani, chiamato a Torino da Re Carlo Alberto. Fu questo un periodo aureo per il giornale, in quanto il Romani fu un uomo colto, un giornalista di vaglia e un esimio poeta, autore di articoli scritti magistralmente, che toccavano svariati argomenti.
Egli diede un nuovo impulso alla "Gazzetta" che, anche nella sua veste esteriore, apparve notevolmente migliorata, fu accuratamente scritta, e da trimestrale divenne un "quotidiano", iniziando una nuova numerazione; furono riportate in calce le «Appendici» e fu creata la nuova rubrica «notizie del mattino». Il 3 novembre 1834 il giornale uscì nella nuova veste, su tre colonne, con un articolo del direttore, che delineò il programma che intendeva attuare. Il giornale fu diviso in due parti: una riguardò la politica, l'altra le scienze, le lettere e le arti. Furono riportate le più importanti notizie dei vari Stati del mondo civile del tempo, suddivise in due rubriche: «estero» ed «interno». Prese sempre maggiore sviluppo la parte dedicata agli avvisi, agli annunci giudiziari, commerciali, economici e alla pubblicità.
Nel 1848, l'anno in cui iniziò il grande processo rivoluzionario che portò poi all'unificazione italiana, cambiarono radicalmente l'indirizzo politico e l'ispirazione del giornale, in coincidenza con il fatto che Carlo Alberto aveva deciso ormai di appoggiare apertamente la causa nazionale. Nel febbraio di quell'anno furono riportate nel quotidiano le basi fondamentali dello "Statuto Albertino", che venne poi pubblicato integralmente dalla "Gazzetta". Il quotidiano, nel luglio del 1848, pur conservando ancora il titolo di «Gazzetta Piemontese» assunse anche formalmente il suo carattere di ufficialità, allorché nella testata, accanto al vecchio titolo, venne aggiunta la dizione di «Giornale Ufficiale del Regno». Esso era diviso in due rubriche: una parte ufficiale, riservata alla pubblicazione degli atti ufficiali, che non venivano tutti pubblicati integralmente ma alcuni per riassunto (questa parte veniva stampata con speciali caratteri, tipo grassetto); ed una parte non ufficiale, destinata a riportare notizie e fatti di varia natura, nonché provvedimenti ministeriali, circolari e comunicati che si sarebbero dovuti pubblicare nella parte ufficiale. Nell'ottobre del 1848 la «Gazzetta Piemontese», che dipendeva dal Ministero degli affari esteri, passò sotto il controllo del Ministero dell'interno. Il primo numero dell'anno 1849, sotto la «Parte Ufficiale», pubblicò il decreto di scioglimento della Camera dei deputati e nel n. 36 furono riportati la relazione di riapertura della Camera e il discorso della Corona.
Dopo Felice Romani assunse la direzione della «Gazzetta Piemontese» l'avv. Emilio Leone ed anche durante questo periodo nelle appendici del giornale comparvero articoli di uomini illustri, come Giovanni Prati, De Filippi, M. Leonardo Fea, Giorgi Briano, U. Calindri e di rinomati scrittori di quell'epoca, come Bortolotti, Massari, Trompeo, Vico, Bertini ed altri. Siamo negli anni che furono pieni di avvenimenti politici determinanti per la creazione delle condizioni storiche che portarono il popolo italiano alla conquista dell'unità, dell'indipendenza e della libertà. Nel 1852, intanto, divenne Presidente del Consiglio Camillo Benso conte di Cavour, il quale svolse tutta la sua opera, nei sette anni in cui resse ininterrottamente il governo costituzionale del Regno, per attuare concretamente il progetto di unità dell'Italia. Fu naturale che in questo storico periodo il Giornale Ufficiale dello Stato rispecchiasse fedelmente la politica cavouriana. Dal 1852 i resoconti parlamentari non furono più pubblicati per esteso, ma se ne dava un semplice comunicato. Venivano pubblicati anche per esteso su separati fogli e con speciali abbonamenti. Sino a tale periodo la pubblicazione degli atti ufficiali continuò ad essere effettuata nell'apposita rubrica, senza che alcuna disposizione la prescrivesse. La situazione mutò, con riflessi a livello giuridico, nel momento in cui, con la legge 23 giugno 1854, n. 1731 e con il relativo regolamento di esecuzione 30 giugno 1854, fu disposto che la "Gazzetta Ufficiale" avrebbe dovuto dare l'"avviso ufficiale" dell'avvenuta inserzione delle leggi e dei decreti reali a contenuto normativo nella «Raccolta degli Atti del Governo», stampati in fogli separati, e che da tale momento avrebbe cominciato a decorrere il "dies a quo" della "vacatio legis" per la loro entrata in vigore.
Tuttavia, il nuovo carattere ufficiale e pubblicistico non produsse alcun cambiamento dell'aspetto e delle caratteristiche formali della «Gazzetta Piemontese», che continuò a pubblicare nella parte non ufficiale le rassegne di politica, di informazione e di cronaca; nella parte ufficiale, accanto agli «avvisi ufficiali di inserzione», per i quali unicamente era divenuta obbligatoria la pubblicazione, le leggi e gli altri atti normativi, nel loro testo integrale. Nel 1855 comparvero nel giornale i primi «Dispacci elettrici privati» dell'Agenzia Stefani ed il Ministro dell'interno "pro tempore" richiamò Felice Romani alla direzione letteraria dell'appendice della "Gazzetta". Durante questo periodo si succedettero nella direzione della "Gazzetta" l'avv. Giuseppe Torelli, che fu collaboratore del conte di Cavour, e Giuseppe Massari, che mantenne il giornale sino al 1860, al quale subentrò Vittorio Bersezio, scrittore pubblicista e critico letterario, in quei tempi molto rinomato, che mantenne l'incarico sino al trasferimento nella capitale e, quindi, del giornale ufficiale dello Stato da Torino a Firenze.
Il 4 gennaio 1860, dopo i risultati dei plebisciti che portarono gradualmente all'annessione dei vari Stati ed all'unificazione dell'Italia, il vecchio titolo di «Gazzetta Piemontese», tenuto per quasi mezzo secolo dal giornale dello Stato, scomparve dalla testata e fu sostituito con quello di «Gazzetta Ufficiale del Regno», più aderente ai tempi ed alle nuove funzioni pubblicistiche, anche se il giornale rimase inalterato nella sua veste esteriore. Si deve ritenere che direttamente da tale giornale derivi l'attuale «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana», la quale per questo riporta oggi nella sua testata "Anno 155°", si intende da quello della sua fondazione (1860). Fu allora che il periodico assunse un nuovo aspetto per la parte esteriore e continuò a dare largo spazio alla «Parte Ufficiale», restringendo sempre di più quello dedicato al notiziario estero. L'ultima pagina fu riservata alle «inserzioni governative e legali», destinate poi a trasformarsi nel «foglio delle inserzioni».
Nella "Gazzetta" continuarono a pubblicarsi i supplementi, nei quali furono riportati atti governativi ufficiali, in continuazione di quelli pubblicati nella «Parte Ufficiale» dei fascicoli ordinari. Con il n. 67 di domenica 17 marzo 1861, dopo le annessioni delle provincie meridionali e con la proclamazione del Regno d'Italia, il giornale cambiò il titolo in «Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia», anche se l'unità non era stata ancora compiutamente realizzata, mancando l'annessione di Roma e Venezia.
Dal 2 giugno 1865, col trasferimento della capitale da Torino a Firenze, che provocò tumulti nella città piemontese, anche il Giornale Ufficiale del Regno trasferì la propria sede nella città toscana e cambiò il suo direttore nella persona dell'avv. Giovanni Piacentini, il quale allora dirigeva «La Gazzetta di Torino», che appoggiava le opinioni del Governo. Pertanto, a Firenze iniziò a pubblicarsi la «Gazzetta Ufficiale», che cambiò ancora formato, comparendo nella testata il nuovo stemma del Regno d'Italia, cioè lo scudo sabaudo, contornato da bandiere tricolori. Il giornale, sotto la direzione del Piacentini, ebbe alcune rilevanti innovazioni, come quella dell'edizione domenicale che conteneva in appendice resoconti provenienti da Firenze, Torino, Milano e Napoli, e fu stampato dalla tipografia degli eredi Botta.
L'edizione n. 175 di giovedì 29 giugno 1871 riportò l'annuncio che, con il 1° luglio successivo, la "Gazzetta Ufficiale" avrebbe avuto la propria sede e sarebbe stata pubblicata a Roma. Fu stabilito che la direzione del Giornale sarebbe stata presso il Ministero dell'interno. Con il n. 177 di sabato 1° luglio 1871, il giornale fu stampato a Roma, in un primo momento, nella tipografia degli eredi Botta, che ne assunsero anche l'amministrazione. Tale trasferimento avvenne, dunque, parecchi mesi dopo che Roma fu proclamata capitale del Regno d'Italia, contemporaneamente al trasferimento nella città eterna delle istituzioni e dei pubblici poteri. Nel 1874 la "Gazzetta Ufficiale" mutò formato e fu stampata su sedici pagine, pubblicando anche le relazioni delle commissioni parlamentari ai singoli disegni di legge, nonché le relative discussioni dinanzi alle due Camere. Da allora, però, il giornale incominciò a subire un sostanziale cambiamento, perdendo man mano il suo carattere di giornale politico, letterario ed artistico, sino a quando, nel 1884, si ridusse ad un semplice bollettino di notizie esclusivamente ufficiali.
Tuttavia, nel primo periodo la "Gazzetta Ufficiale" risultò divisa in due parti:
la «Parte Ufficiale», in cui venivano pubblicati gli atti di governo, i resoconti e gli atti del Parlamento, le disposizioni ministeriali, gli avvenimenti più rilevanti riguardanti la Casa Reale;
la «Seconda Parte» non ufficiale, in cui erano riportate le notizie più importanti, nazionali ed internazionali, e pubblicati spesso gli articoli letterari, di scienze e di arte; seguiva, alla fine, il foglio riservato alle inserzioni.
La decadenza complessiva del giornale ebbe motivo anche nel fatto che la Gazzetta fu tolta ad una industria privata, quella di proprietà dei fratelli Botta. In quel tempo, con la revoca del contratto agli editori eredi Botta, cambiò anche il sistema di composizione e di stampa della "Gazzetta", che veniva composta da operai liberi alla dipendenza diretta del giornale e quindi del Ministero dell'interno e, poi, la composizione era passata alla tipografia dello stabilimento penale delle Mantellate, che ne curava la tiratura e la distribuzione. Tale cambiamento provocò allora molte polemiche e si disse ironicamente che "il giornale del Governo era stato messo in galera".
In realtà, la decisione era stata presa anche perché, in quel periodo, erano iniziati gli scioperi degli addetti alle industrie tipografiche ed il Governo voleva assicurare l'uscita della "Gazzetta" e, quindi, delle proprie leggi anche durante le agitazioni del personale tipografico. Una nuova disciplina per la compilazione e pubblicazione del giornale e per l'organizzazione dei suoi uffici, fu stabilita con r.d. 8 giugno 1893, n. 377. Fu disposto, fra l'altro, che la "Gazzetta" sarebbe stata pubblicata, a cura del Ministero dell'interno, «...tutti i giorni non festivi nelle ore pomeridiane». Fu stabilito, inoltre, che la Gazzetta Ufficiale fosse suddivisa in tre parti: la prima parte «ufficiale», riportante le leggi, i decreti, i provvedimenti ministeriali, ripartita in generale e speciale; la seconda parte «non ufficiale», destinata a pubblicare notizie letterarie, scientifiche ed artistiche; la terza parte, gli «annunzi legali». Tali disposizioni, tuttavia, solo in parte ebbero esecuzione nella realtà, per varie ragioni, tra le quali la trasformazione degli uffici della Gazzetta in un ufficio ministeriale. È stato già accennato che dopo il 1884 la "Gazzetta" iniziò un periodo di decadenza complessiva, riguardante sia i contenuti del giornale che la sua veste editoriale. La parte "non ufficiale" del giornale, infatti, si andò sempre più riducendo, sino a quando, intorno all'anno 1920, tale parte del quotidiano scomparve completamente. Questa decadenza non si verificò, né poteva verificarsi per la parte ufficiale, per la quale la direzione del giornale non poteva apportare alcuna modificazione. La decadenza influì anche sulla composizione del giornale, che cominciò ad essere difettosa e scorretta, tanto che, per ovviare agli inconvenienti derivanti dai molti errori che si verificavano, si dovette procedere spesso alla pubblicazione di numerose rettifiche.
In queste condizioni si trovò il giornale ufficiale dello Stato, agli inizi degli anni venti, quando il nuovo Governo decise di porre una particolare attenzione allo strumento ufficiale di pubblicazione degli atti legislativi, varando una importante e complessiva riforma della "Gazzetta". Con r.d. 7 giugno 1923, n. 1252, infatti, fu disposto il passaggio della "Gazzetta Ufficiale" dalle dipendenze del Ministero dell'interno a quelle del Ministero di grazia e giustizia e furono dettate norme per la pubblicazione di essa. Fino a quando il giornale fu caratterizzato dal fatto di pubblicare rassegne e articoli di natura politica, letteraria e artistica, oltre che riportare le leggi e i decreti statali, fu naturale che le direttive venissero date dal Ministero dell'interno. Avendo ormai la "Gazzetta" perduto tale caratteristica ed essendo divenuto un organo ufficiale dello Stato, destinato a rendere nota l'attività pubblica statale ed, in particolare, le leggi, i decreti e i suoi regolamenti, non poteva il giornale non passare alle dipendenze del Ministro "Guardasigilli", che era preposto istituzionalmente a dare autenticità agli atti legislativi e di Governo, mediante l'apposizione del "Visto" e del sigillo dello Stato ed a renderli eseguibili ed obbligatori attraverso la loro inserzione nella Raccolta Ufficiale delle leggi e dei decreti e pubblicazione nella "Gazzetta". Con lo stesso provvedimento si stabilì che, mentre la direzione e la redazione della "Gazzetta" erano affidate all'Ufficio pubblicazione leggi presso il Ministero di grazie e giustizia, l'amministrazione, la stampa e la vendita del giornale veniva attribuita al Provveditorato generale dello Stato, che assunse anche la vendita della Raccolta delle leggi e dei decreti. Fu stabilito, inoltre, confermando la previsione legislativa precedente, che la Gazzetta venisse pubblicata tutti i giorni non festivi, nelle ore pomeridiane. Nel contempo, fu abolita la parte «non ufficiale» della Gazzetta e, pertanto, fu stabilita la sua divisione in due parti, così come è pervenuta sino ai nostri giorni: la «Parte prima», riportante tutte le leggi e i decreti che dovevano essere inseriti nella «Raccolta Ufficiale» e, su richiesta del Ministro proponente, d'accordo col Ministro Guardasigilli, gli altri decreti reali o ministeriali a carattere speciale; la «Parte seconda», chiamata «foglio delle inserzioni», riportante gli annunzi e gli altri avvisi prescritti dalla legge.
Furono stampati anche gli indici periodici, annessi alla Gazzetta.
Passata l'amministrazione della "Gazzetta" al Provveditorato generale dello Stato, il 23 giugno 1923, fu tolta la stampa della Gazzetta alla tipografia delle "Mantellate" e fu affidata alle officine del Poligrafico dello Stato, a quel tempo ancora privo di personalità giuridica; nel contempo, fu prestata una particolare attenzione per migliorare e perfezionare il giornale, sia dal lato tecnico che da quello estetico, che apparve più armonioso nella sua nuova veste tipografica e meglio rispondente all'importanza di tale organo di pubblicazione. Tante furono le innovazioni nel campo tecnico-tipografico. Innanzitutto, si poté disporre per la tiratura del giornale, oltre che della macchina rotativa già esistente nelle officine, anche di una nuova grande rotativa a formato variabile, che poteva tirare nel tempo stesso sino a 64 pagine, confezionando fascicoli, completamente piegati e cuciti con punto metallico, e con una velocità oraria che poteva anche raggiungere, con produzione quadrupla, circa 20.000 copie.
Contemporaneamente si giunse a poter disporre di venti macchine linotype. Miglioramenti furono introdotti anche nel sistema di spedizione giornaliero dei fascicoli della "Gazzetta", mediante l'utilizzo di moderne e rapide macchine per indirizzi e fascettari. La riforma del 1923 costituì un primo importante e concreto intervento legislativo di riordino complessivo del "Giornale dello Stato" e creò le premesse per l'introduzione, successivamente, di una più compiuta disciplina e regolamentazione in materia di pubblicazione degli atti ufficiali dello Stato nella Gazzetta Ufficiale. Ciò avvenne con il r.d. 24 settembre 1931, n. 1256, con il quale fu approvato il testo unico delle disposizioni legislative riguardanti la promulgazione delle leggi e dei regi decreti, e con il r.d. 2 settembre 1932, n. 1293, che approvò il regolamento di esecuzione del predetto testo unico. Con l'edizione n. 154 di lunedì 2 luglio 1923 la Gazzetta uscì dalla Stamperia di Stato, firmata dal direttore Dario Peruzy.
Con r.d. 24 settembre 1923, n. 2141, si provvide alla sistemazione del personale dell'Ufficio pubblicazione leggi, riducendo la redazione al personale strettamente necessario ed escludendo i giornalisti ed i pubblicisti, che ormai non trovavano più ragione, date le nuove caratteristiche della "Gazzetta", ad esplicare la loro particolare attività professionale. Con la legge 6 dicembre 1928, n. 2744, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 291 di sabato 15 dicembre 1928, fu costituito l'Istituto Poligrafico dello Stato, con personalità giuridica di diritto pubblico, al quale fu affidata la gestione della "Gazzetta" e, con regio decreto 20 giugno 1929, n. 1058, allo stesso fu attribuita l'amministrazione, la stampa e la vendita del giornale, sotto la vigilanza del Provveditorato generale dello Stato, competente a dare le previste autorizzazioni per le varie pubblicazioni ufficiali ed a provvedere per la distribuzione gratuita della "Gazzetta"[8].
Conclusioni
In conclusione, il presente studio ha evidenziato l'importanza cruciale della Gazzetta Ufficiale nella storia della comunicazione pubblica italiana. Dalla sua nascita come semplice bollettino di notizie, la Gazzetta si è evoluta nel tempo, assumendo un ruolo centrale nella diffusione delle leggi e dei decreti governativi, nonché nella costruzione dell'identità nazionale. L'analisi condotta ha messo in luce come la Gazzetta sia stata un attore fondamentale nei processi di centralizzazione del potere, di costruzione dello Stato moderno e di diffusione della cultura giuridica. Nonostante le trasformazioni subite nel corso dei secoli, la Gazzetta Ufficiale continua a rappresentare oggi uno strumento indispensabile per la trasparenza e la democraticità delle istituzioni.
[1] M. Granchi, (2006), Storia della comunicazione pubblica in Italia: mutamenti istituzionali e modelli territoriali di sviluppo,in rivista di storia e storiografia Storia e futuro n°11.
[2] V. Castronovo, N. Tranfaglia (a cura) 1976-1994 Storia della stampa italiana, 7 voll., Roma - Bari, Laterza.
[3] Ibidem.
[4] D’Amelio (1932) Storia del più antico giornale: la Gazzetta Ufficiale, in “Corriere della Sera”, 2 agosto.
[5] M. Granchi (2006) Storia della comunicazione pubblica in Italia: mutazioni istituzionali e modelli territoriali di sviluppo, in Storia e futuro numero 11, Rivista di storia e storiografia.
[6] E. Ragionieri (1967) Politica ed amministrazione nella storia dell’Italia Unita, Bari, in Granchi (2006).
[7] R. Mugnozza (1938) voce Foglio, in “Nuovo Dig. It”, vol. VI, Torino.
[8] Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana; Ministero della Giustizia. https://www.giustizia.it/giustizia/page/it/pubblicazioni_studi_ricerche_testo_selezionato?contentId=SPS1159065#.


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